domenica 27 gennaio 2008

Racconto di fantascienza - Puntata 1

Chi lo interrogava sembrava instancabile. Era riuscito a mantenere lo stesso tono di voce per chissà quanto tempo. Due rintocchi, forse tre. Per lo più erano brevi frasi separate da pause insostenibilmente lunghe. Non perdeva la pazienza, quello che lo interrogava, al massimo si poteva indovinare un sospiro ogni tanto. Stava anche lui seduto, alla distanza di un braccio, senza odore, con la sua voce da persona ben nutrita, senza sibili né rantoli. C’erano altri due poliziotti, uno dei quali era il pattugliatore che lo aveva catturato, che masticavano con regolarità grumi di simil - matrice secca e si frizionavano il petto, avvolti in povere vesti come le sue e nelle stesse esalazioni acidule. Poi c’era qualcun altro. Non avrebbe potuto spiegare come faceva a dirlo, ma se ci fosse stato da scommettere l’avrebbe fatto. Doveva essere uno parecchio silenzioso, sempre se c’era. Mentre aspettava la domanda successiva gli veniva da pensare che c’era uno abbastanza vicino da sentire il suo calore. Uno che voleva stare lì, vicino a lui, ma senza essere scoperto. Dopo un po’ l’interrogatore riprese a fare domande che aveva già fatto, come la macchina che insaporisce ciclicamente il nutrimento, con la stessa fredda pazienza. Non che i poliziotti di solito fossero pazienti. Anzi, tutta quella pazienza gli metteva una certa ansietà. Se ne stava da tanto tempo seduto, immobile, ad ascoltare domande, che ad un certo punto la stranezza della cosa fu più forte della fame, del freddo da inattività e dell’inquietudine che l’idea della presenza silenziosa gli aveva trasmesso. E proprio mentre si sentiva inaspettatamente sollevato da tutte quelle spiacevoli sensazioni, e dai dolori rimediati durante la sua cattura, la seduta tornò ad essere quasi un normale interrogatorio di polizia. L’interrogatore ripropose una trafila di domande che si era sentito fare molte volte, non solo quel giorno.
«Quante altre tessere avevi?»
Calcolò rapidamente che tutta quella storia, oltre che strana, era stranamente lunga, e cambiò la strategia del silenzio. «Nessuna.»
Forse il suo interlocutore avrebbe apprezzato. Avrebbe pensato che la sua condotta funzionava.
«Dove le hai nascoste?»
«Non ne avevo.»
«Ascolta. Sii cortese con noi, e noi non saremo troppo duri. Vuoi che chiami il funzionario con la tua pratica? Non si va in giro con tre tessere alimentari, e non è la prima volta che lo fai.»
«E la resina …» interruppe quello che lo aveva arrestato. «Ha ancora l’odore addosso.»
«Già. Non avevo ancora toccato l’argomento. Non sei messo bene.»
«Non era resina.» disse il più tranquillamente possibile.
«E cos’era?»
«Era l’odore di quel posto. Devo avere toccato qualcosa mentre il vostro amico mi sbatteva a terra.»
«Uno strano posto, se odorava di resina. Sarebbe sempre pieno, no? Più delle bische.»
Non disse niente. Sembrava ancora più freddo, l’aria non si muoveva. Si diceva che i poliziotti avessero molti privilegi oltre quello di essere pagati dal Governo, per esempio cibo fuori dagli orari e condotte di aria calda dalle centrali del calore. Per quel che ne sapeva lui, fuori dalle centrali del cibo masticavano simil – matrice secca come tutti, e avevano freddo come i poveri diavoli che perseguitavano. Magari l’interrogatore, forse lui aveva qualche privilegio, perché sembrava più in salute e parlava con la cadenza piatta del fonetico. Si diceva anche che a forza di parlare come i Gentili non si riusciva più a parlare bene con il resto della gente.
«Come hai fatto a non morire di fame? Uno che ha tre tessere nuove e non lavora, per forza non mangia. Sei un uomo speciale, tu? Sei soprannaturale
Quell’ultima parola era in fonetico, non poteva capirla ma ne recepiva la superbia.
«Le ho trovate.»
«Le volte che ti abbiamo trovato con tre, quattro tessere addosso, anche allora le avevi trovate?»
«Si. Capita.»
«No, non capita. E’ impossibile.»
«E’ fortuna. Le ho trovate.»
«Nessuno ha tanta fortuna. Hai ammazzato qualche disgraziato, in qualche modo l’hai fatto sparire e gliele hai rubate. Questo è la prima imputazione. »
«No.»
«Ora zitto. La seconda imputazione è per uso di resina. Per adesso, diciamo solo uso. Secondo l’agente che ti ha prelevato, e anche secondo me, sarebbe più preciso dire “traffico”.»
«Nemmeno questo è vero.»
«E te ne dico anche un terzo. Tesaurizzazione. Sai che vuol dire? No, eh? E’ fonetico. Vuol dire che tu non ti accontenti di fare del male ai tuoi fratelli per intascare le loro tessere alimentari, ma non le usi nemmeno per nutrirti, cosa che renderebbe le tue azioni, non dico meno riprovevoli, ma meno odiose. Perché invece di alimentare il tuo corpo, alimentano altre azioni malvagie. E così la gente come te manda il mondo in rovina. Sei d’accordo?»
Prometeo ignorava il significato di odioso. «Per niente. Ho avuto fortuna. Nient’altro. Non ho mai ucciso, fatto sparire o derubato nessuno.»
«Se hai avuto tanta fortuna, allora sopporterai la sfortuna di sembrare quello che dico io.»
Non disse niente. Nell’aria, di nuovo, qualcosa si allungava verso di lui, da destra, gli grattava il retro della tempie e spariva. L’interrogatore sembrò stufarsi d’improvviso, come un stecca di grafite che si spacca.
«O magari sei uno che non mangia, e conserva le tessere in eterno. Oh, ma a me cosa importa di voialtri? Per cosa faccio tutto questo, per migliorare la vita di gente come te, per mettere un po’ d’ordine in quel posto dove vivi? A voi per primi non importa. Sai cosa faccio? Adesso chiamo il segretario con la tua pratica e ci aggiungiamo una pagina. Quando arrivi al tanto che basta, vai a fare compagnia alla gente delle miniere. A meno che qualche delinquente della tua lega non ti ripaghi della stessa moneta nel frattempo. Siccome poi una tessera basta a tutti noi per una settimana, queste altre due ti vengono confiscate
Prometeo sentì due oggetti appuntiti contro la fronte, frutto di fatiche rocambolesche, ora andati perduti.
«Capo, non vorrà mandarlo a casa?»
«Mi spiace, ragazzo, ma non possiamo trattenerlo.»
«Ma …»
«E’ così.»
«Io non ci torno, a vedere se aveva della resina, capo. Quel settore non è un bel posto per noi.»
«Dobbiamo fare il nostro lavoro, ragazzo mio. E tu devi fare come dico senza fiatare più di una volta. E’ tutto.»
Sbuffando, quello che l’aveva trascinato al commissariato lo prese per un braccio e lo mise in piedi in malo modo. Gli prese la mano e gliela sbatté su una guida.
«Se non hai ancora imparato la strada, tieni questa. Dopo venti passi, alla seconda sbarra, prendi la prima guida in alto. Dopo altri venti passi c’è la guida ruvida, seguila fino all’uscita e poi va a farti ammazzare. D’accordo?»
«Molto chiaro, grazie.»
«Accompagnatelo. Non voglio questa gente in giro nel commissariato.» Disse il capitano, che non si era alzato. Il poliziotto scorbutico lo spinse via e gli si mise davanti, l’altro si piazzò dietro.
«Che lusso. Avete anche le guide, in questo posto.» disse Prometeo senza entusiasmo.
«Sentito Lu, chi hai arrestato oggi? E’ un tipo soprannaturale e parla come un gentile.» disse il poliziotto dietro di lui.
«Buon per lui.» rispose Lu a denti stretti.
Tutti e tre attaccati alla guida, se andarono dalla stanza degli interrogatori. Dopo venti passi presero la guida in alto, e Lu iniziò a sibilare.
«Al prossimo che dice una parola in fonetico rompo la testa contro il muro, fosse anche il Governatore. Facciamo i turni doppi, ci facciamo ammazzare da questi pezzenti, stiamo giorni senza vedere una stanza del calore, tutto per una tessera al mese. Poi, uno di questi lo vai a pescare con le mani nella resina, con tre tessere nuove ancora addosso, mi ha anche graffiato, e adesso se ne ritorna dove era, a recuperare la sua resina e le tessere che ha fatto in tempo a nascondere. Che te ne pare?»
«Non ci pensare. Questo tipo qui lo troviamo fra una settimana con la testa fracassata dai suoi vicini, e le sue tessere le prende un altro come lui.»
«Ecco. Almeno quelle le avrebbero potute dare a noi.»
«Non ci pensare, Lu.»
Prometeo provava simpatia per quella gente, e non riusciva a voler loro male nemmeno in quel momento, anche se gli avevano fregato due tessere nuove. Non infastidivano né uccidevano senza scopo, come invece capitava alla maggior parte delle persone che conosceva lui, e certamente non rubavano. Passavano il giorno a lavorare, e nel tempo libero masticavano dadi senza sapore, ma con la consistenza del cibo. Sognavano tranquillità e calore. Ad Asphodel li detestavano. Persino i bambini, in quel settore, imparavano a odiare i poliziotti ben prima di sentirne passare uno. Imparavano a stringere le piccole mani a pugno con rabbia sincera, per lacerare i poliziotti, il Governo, il freddo.
I suoi accompagnatori lo scortarono fino all’uscita, la spalancarono e lo spinsero nella gelida e fetida aria del corridoio principale. Non si era allontanato cinquanta passi, che qualcuno gli arrivò da dietro camminando svelto. Riconobbe gli sbuffi di Lu, e si voltò incuriosito. Lu gli tastò il volto con fare professionale, con la tecnica di riconoscimento dei poliziotti, lo voltò e gli assestò un calcio nella schiena.
«Questo è per avermi graffiato.» disse tornando sui suoi passi.
Prometeo si mise carponi. Con la mano sinistra si pulì come poté dalla fanghiglia gelata. Nella destra, stretta al petto, stringeva la tessera rimasta: un chiodino poco più corto del suo palmo. La giornata iniziava male.

Piccolo racconto di fantascienza

Come avevo anticipato al mio troppo-buono co-redattore, l'Astronauta Medievale, pubblico oggi la prima puntata di un racconto di fantascienza che mi era venuto da tempo in mente di scrivere. Non me ne vogliano male le persone che capitano sul nostro blog e lo leggono, nè l'Astronauta medievale stesso, visto che mi ha dato il permesso. Questo racconto non so come intitolarlo, e nemmeno come andrà a finire, ma intanto lo scrivo. In fondo si cerca soprattutto di aumentare le dimensioni del blog: spero di non abbassare troppo la qualità.

mercoledì 9 gennaio 2008

Dialogo surreNale con richiesta di contributo


Protagonisti: Astronauta Medievale, Papà

Papà: Devo sapere quali animali vedono a colori e quali in bianco e nero…
Astronauta Medievale: E perché?
P.: Lo voglio sapere!
A. M.: Gli scoiattoli vedono a colori
P.: Eh, segnalo…

In seguito a questo rapido scambio di battute ho deciso di appendere in salotto la lavagnetta magnetica ed ivi annotare, man mano che ne vengo a conoscenza, le modalità visive di quanti più animali possibile. La suddetta lavagnetta è un bene di famiglia da quasi due generazioni, ed ha svolto impeccabilmente il servizio di registrazione delle mancanze di viveri e derrate per, diciamo, i primi due giorni: in seguito è stata irrimediabilmente accantonata. Nuovi momenti di fama sono alle porte per lei! A voi, gentili membri del pubblico lettore, chiedo di contribuire alla compilazione dell’elenco per la gioia della lavagnetta e del papà. Grazie infinite.

larocca


mercoledì 2 gennaio 2008

Cronache a cavallo della Linea del Cambio di Data


Eccoci allora a descrivere l’immoto il vuoto l’ignoto. E come fare, senza inventare parole?
Eccoci allora ad inventare parole. Come ad esempio ‘multinvisibilità’.
La multinvisibilità s’annida a grappoli negli angoli del soffitto e cade giù in gocce, come un lampadario di cristallo che fonde al cospetto dell’Immenso. Essa avvolge il corpo e lo nega al mondo reale, dove i cani hanno angoli per pisciare e le foglie crocchiano sotto i passi dei ragazzi innamorati, dove la pioggia arreca problemi e se non stai attento finisci sotto le ruote di un trattore o peggio ancora a controllare di persona quanto è profonda e gelida l’acqua sotto quel ponte lì. La multinvisibilità funziona a doppio senso: è culla e benda, vestito e sudario.
In una notte densa di multinvisibilità si è spento l’anno marcio duemila e sette dopo Cristo, alleluia alleluia. L’anno marcio duemila e sette dopo Cristo finalmente non è più! Al contrario io, per quanto debilitato, sono ancora: evviva. In questa notte può accadere che un soggetto avvolto dalla multinvisibilità senta il passo dell’oca sopra il cornicione, e sciami di V2 che partono e cadono esattamente nello stesso punto, situato a tre metri dal suo ippocampo. Può anche accadere che il marconista del Titanic gli invii oscuri segnali alfabetici sul display del cellulare per metterlo al corrente della situazione-icebergs nella fascia degli Asteroidi od in quella ben più turbolenta dei cuori single-felici. Può anche accadere che a tale soggetto non importi un accidente di blitzkrieg & lovestories, può anzi benissimo accadere che la multinvisibilità lo faccia preoccupare della presenza dell’uva candita all’interno del minipanettone regalatogli da un Santa Benzinaio Claus qualsiasi e soprattutto dell’ancora aleggiante afrore di benzina senza piombo con tutti i suoi ottani che gridano alla stregua di muezzin strafatti di coca-cola intonanti canzoni dei Tazenda dall’alto dei minareti di Urano Nettuno Plutone.

La multinvisibilità sta tornando, col suo passo leggero di danza.
Mi resta giusto il tempo di ricordarvi che la Terra non è perfettamente sferica ma rassomiglia piuttosto ad un Ferrero Rocher, ed è nelle anguste valli e spelonche tra le scagliette di nocciola che noi ci rifugiamo a vivere le nostre vitucce ricoperte di cioccolato, illudendoci di essere vicini anche se non ci vediamo.
Siamo tutti lontani. Irrimediabilmente. E le scagliette di nocciola sono ostacoli insormontabili.
Buon anno incerto duemila e otto dopo Cristo a voi.

domenica 30 dicembre 2007

Il non comune dono della scuroveggenza


L'alba asserragliata tra i cespugli mi ha colto di sorpresa: il suo fuoco di fila ha sparso frantumi di finestra sul mio bel tappeto scandinavo made in chissàdove.
Oggi le radiazioni stanno unisonando con le fibrillazioni e tutta la stanza se ne rende improvvisamente conto, scardinando mensole a simulare plateali proteste di scontenti qualsiasi.
Sono con voi, finalmente, miei illustrissimi predecessori: non richiesto, non necessario ed immodestamente fastidioso. Sono con voi, finalmente, sulla grigiocupa soglia di 'qualcosa'. Oggi le radiazioni mi ci hanno condotto, puntandomi alla tempia (sinistra, per la precisione) la loro arma crudele caricata a 'tic-tac'.
Come tutti, non ho niente da dire.
Come nessuno, so dirlo bene.

I'm in love without you.